mercoledì 31 ottobre 2018

Anton Maria Maragliano, la sua fabbrica e i suoi successori


   Negli ultimi due anni nel comprensorio del Tigullio sono state restaurate alcune sculture lignee, proprie di enti ecclesiastici, in seguito al bando della Compagnia di San Paolo di Torino, la “Grande Scuola di Anton Maria Maragliano”. Sono stati selezionati e co-finanziati i restauri di due macchine processionali conservate nella chiesa Cattedrale di N.S. dell’Orto (Chiavari), di un Crocifisso e di due statue custodite nella chiesa di San Michele di Pagana (Rapallo) e di un altro Crocifisso nella chiesa di Santa Maria del Ponte (Lavagna)

A. M. Maragliano, Le tentazioni di S. Antonio, (particolare in restauro),
scultura in legno dipinto, Cattedrale di N. S. dell'Orto. Chiavari, (1735 ca.)
(Foto di E. Panzacchi)  


   In un secondo bando della Compagnia di San Paolo - il “Patrimonio artistico delle Confraternite” -, sono stati scelti e ammessi al sostegno economico due progetti inerenti al Maragliano e ai suoi seguaci: il recupero conservativo di una macchina processionale ed di un Crocifisso conservati nell’oratorio della SS. Trinità (Lavagna) e il restauro di una cassa processionale della chiesa di S. Giorgio (Moneglia) [1].

A. M. Maragliano, Le tentazioni di S. Antonio,(particolare in restauro)
scultura in legno dipinto, Cattedrale di N. S. dell'Orto, Chiavari, (1735 ca.)
(Foto di E. Panzacchi)
     Le opere che sono state già restaurate, sotto la direzione della Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio della Liguria sono: “San Francesco che riceve le stimmate” e “Le tentazioni di Sant’Antonio Abate nel deserto”, ricollocate nei nicchioni delle caponavate laterali della chiesa Cattedrale di N. S. dell’Orto; il “Cristo Crocifisso” rimesso sopra l’altare maggiore; la “Madonna con Bambino” - attribuita ad un collaboratore del Maragliano – riposta nella nicchia sopra l’altare della cappella di destra, e “Sant’Orsola” - ascritta ad un successore del maestro – ricollocata a sinistra dell’ingresso della chiesa di S. Michele di Pagana. Infine il “Cristo Crocifisso” riposto nella nicchia sopra l’altare della caponavata sinistra della chiesa di N. S. del Ponte.

    Attualmente è in corso d’opera, presso l’oratorio della SS. Trinità a Lavagna, il restauro conservativo della cassa la “SS. Trinità” e del “Cristo” processionale. Sarà avviato prossimamente il restauro della macchina processionale “S. Giorgio che uccide il drago”, attribuita a Pietro Galleano (1681 – 1761), conservata nella chiesa dedicata al santo a Moneglia [2]. 


  Fra gli enti ecclesiastici partecipanti al bando la “Grande Scuola di Anton Maria Maragliano”, ma non ammessi al finanziamento, la chiesa di S.M. Assunta di Nozarego (S. Margherita Ligure), dov'è conservato, sopra l’altare della cappella laterale sinistra, un Cristo morto [3]. Attribuito in passato al Maragliano e, da alcuni, a Pasquale Navone (Genova, 1746 - 1791)  si ritiene realizzato (Sanguineti) “nell’ambito della bottega di strada Giulia da un abilissimo collaboratore del maestro”.

Bottega di A.M. Maragliano, Crocifisso, scultura iin legno policromo,
S. Margherita Ligure, chiesa santuario di Nozarego(1730 - 1740 ca.)
/Foto di E. Panzacchi)



Note:
                                                                                    

[1] Nel Tigullio i cinque Enti selezionati hanno avuto e/o avranno dalla Compagnia di San Paolo un contributo del 60% sul costo totale dei progetti, pari ad un importo complessivo di 123.700 euro. I lavori – supervisionati dalla Soprintendenza Archeologica, Belle Arti e Paesaggio della Liguria – sono stati affidati ai seguenti laboratori di restauro: Studio Martino Oberto – opere d’arte di C. Campomenosi & M. Levoni S.n.c.(Cattedrale di N.S. dell’Orto e Oratorio della SS. Trinità); Restauratori e Conservatori di M. Checconi Crubellati & A. Adelmann; Centro di Palazzo D’Oria di F. Brunetti; Nicola Restauri S.r.l. della famiglia Nicola (Chiesa di S. Michele di Pagana); Conservazione e restauri di opere d’arte di E. Parodi (Chiesa di N.S. del Ponte); Laboratorio di restauro Caffa di V. Tonini e A. Demelas (Chiesa di S.Giorgio).

[2] Per maggiori notizie sulle opere e sull’argomento rimando il lettore alla grande mostra “Anton Maria Maragliano (1664 – 1739) curata da Daniele Sanguineti e alle sue pubblicazioni. L’esposizione - la prima monografica dedicata al M. - sarà inaugurata a Genova, presso Palazzo Reale, il prossimo 9 novembre 2018 e sarà aperta al pubblico dal 10 novembre 2018 al 10 marzo 2019.

[3] Il progetto di restauro è stato affidato a S. Capetta e A. Balbo, c/o il Laboratorio Docks-Torino Dora.



giovedì 23 agosto 2018

Donazione della famiglia di Adriano De Laurentis ai musei genovesi


   A tre lustri dalla scomparsa di Adriano De Laurentis, i figli Daniela e Fabrizio, ed Elisabetta Megazzini (seconda moglie), hanno donato cinquantadue opere, tra dipinti e xilografie e quattro sculture, alla Galleria d'Arte Moderna di Genova e al Museo dell'Accademia Ligustica.

   In suo omaggio ed in ringraziamento ai familiari, i due musei genovesi hanno allestito le mostre "Adriano De Laurentis Un Novecento assorto e colorato"curate da Maria Flora Giubilei e Giulio Sommariva [1]. Esse saranno aperte al pubblico fino a domenica 9 settembre 2018.

   Pur avendo vissuto e lavorato stabilmente nel Tigullio, tra Chiavari, Lavagna e Sestri Levante, Adriano De Laurentis (Cavi di Lavagna, 25/08/1922 - Chiavari, 24/01/2003) ebbe una visione cosmopolita della pittura e delle arti visive. In molte sue opere si colgono richiami ai maestri italiani (G. Morandi, F. Casorati) ed europei (P. Cézanne, P. Bonnard, P. Klee) della fine dell'Ottocento e della prima metà del Novecento.

Adriano De Laurentis, Cavi di Lavagna, cartolina viaggiata, timbro postale, 09/06/1963
    
    A quindici anni conobbe Lino Perissinotti, pittore veneto stabilitosi in Liguria. A Lavagna frequentò il suo studio dal 1937 al 1945. Con il maestro coltivò l'amicizia e la collaborazione fino alla sua scomparsa (1967). 

   Nel 1938 si iscrisse al liceo artistico " Nicolò Barabino" di Genova (allievo dello scultore Guido Micheletti e del pittore, incisore e critico d'arte Paolo De Gaufridy); nel 1941 esordì pubblicamente, partecipando ai "Prelittoriali dell'Arte"; nel 1943 conseguì il diploma.

    Dopo l'adempimento degli obblighi di leva (1943 - 1944), si impegnò per il "Gruppo d'Arte indipendente di Chiavari" e diede inizio ad una intensa attività espositiva in ambito locale.

A. De Laurentis, Senza titolo,1977, olio su tavola, 50 x 64,5 cm.
Genova, Museo dell'Accademia Ligustica, (cat. delle mostre, foto n.4)


   
    Dal 1946 al 1979 fu insegnante presso l'Istituto Statale d'Arte di Chiavari, nelle discipline di disegno dal vero ed educazione visiva [2]. Dal 1978 al 1998 organizzò e tenne lezioni su tecniche del colore, ritratto, figura e paesaggio dal vero, presso il suo studio professionale [3]. 

  Alle competenze tecniche, il prof. Adriano De Laurentis univa lo studio delle opere e dell'attività artistica di Paul Klee e di Attilio Marcolli. Del primo approfondì i contenuti dei corsi al Bauhaus di Weimar (1921-1922), del secondo la teoria del campo [4]. 


    Dal 1949 al 1960 - durante i periodi di sospensione delle attività didattiche, fece i primi viaggi e soggiornò in diverse città europee (Parigi, Marsiglia, Francoforte). Nel 1960 si sposò con Brigitte Peters "Gitti", da cui ebbe due figli, Daniela (1963) e Fabrizio (1967).

   Dal 1981 riprese i viaggi di studio spostandosi verso il  nord Europa (Austria, Germania, Olanda e Danimarca).  I dipinti (tempere, oli ed acquerelli) rifletterono l'unicità della luce e la bellezza dei luoghi visitati. A queste opere egli dedicò alcune mostre [5


A. De Laurentis, Senza titolo, 1985, tempera acrilica su tela, 100 x 120 cm.
Genova, Galleria d'Arte Moderna (cat. delle mostre, foto n. 42)
     
  Dal 1991 al 1997 scelse come meta dei suoi soggiorni estivi il litorale laziale (Sabaudia). Nel 1995 - dopo la scomparsa della prima moglie (1989) - si risposò con Elisabetta Megazzini, sua allieva e modella [6].
      
     Nel 2000 la Società Economica di Chiavari - nel contesto del Premio "Turio Copello" - gli assegnò il Premio alla carriera artistica [7]. 


Note:
__________________________________    

[1] cfr. Adriano De Laurentis Un Novecento assorto e colorato, catalogo delle mostre  a cura di M. F. Giubilei G. Sommariva, Genova, Galleria d'Arte Moderna e Museo dell'Accademia, 30 giugno - 9 settembre 2018,  ed. Sagep , Genova, 2018;
Claudia Sanguineti, Genova omaggia il grande artista Adriano De Laurentis, in Il Nuovo Levante, Genova, 14/07/2018.

[2] Ebbi la fortuna di essere un suo allievo dall'anno scolastico 1964/1965 all'anno scolastico 1972/1973.

[3] Nel 1955 avviò il suo primo studio-abitazione in via Doria 9 a Chiavari; nel 1959 aprì lo studio-bottega a Sestri Levante in via XXV aprile 23; nel 1978 aprì  lo studio-atelier in via D. Gagliardo 7 a Chiavari; dal 1999 continuò a dipingere e a svolgere corsi di pittura all'acquarello, presso la sua abitazione in via Rivarola 69 a Chiavari. 

[4] cfr. P. Klee, Über die moderne Kunst, Benteli, Bern ,1945, trad. it. in Teoria della forma e della figurazione, vol. I, Feltrinelli, Milano 1959; A. Marcolli, Teoria del campo, Sansoni, Firenze, 1971.


[5] Le esposizioni furono: “Incontro con la Danimarca” (ottobre 1981) presso il suo studio di via D. Gagliardo 7 e presso la Cineteca comunale di Sestri Levante (giugno 1982); “Immagini di Bretagna e Danimarca” (1983) e “Acquerelli dell’isola di Texel (Olanda)”,(1984), entrambe nel suo studio,

[6] cfr. M. V. Cascina, Oltre l'età e oltre il tempo un amore che nasce dall'arte, in il Giornale, Milano, 17/08/2006.


[7] Per approfondimenti cfr. Adriano De Laurentis. La poetica dell'Essenzialità, catalogo della mostra a cura di E. Morini ed E. Megazzini De Laurentis, Sestri Levante, Palazzo Negrotto Cambiaso, 11/12/2004 - 06/01/2005, Genova, 2004.



domenica 1 luglio 2018

L'architettura futurista nel Tigullio



   E' stato organizzato nell'ambito della quinta edizione del Festival della Parola 2018 di Chiavari - presso la sala Ghio Schiffini della Società Economica - l'evento  “Futur-Chiavari “piazza d’arte” – dalla Cappella-Bar alla Colonia Fara”. Sono Intervenuti l’esperto Luigi Frugone, lo storico Giorgio Getto Viarengo e il miscelatore futurista Fulvio Piccinino


L. Frugone (al centro), G. G.Viarengo (a sinistra) e F. Piccinino (a destra).

   Il movimento futurista si diffuse nelle regioni e province italiane  attraverso una struttura organizzativa coordinata da Filippo Tommaso Marinetti e dai suoi seguaci [1]. Nel Tigullio la reviviscenza futurista influenzò la produzione architettonica di Alberto Sartoris, Camillo Nardi Greco, Luigi Vietti ed Enrico Del Debbio [2]. 

   Alberto Sartoris (Torino, 02/02/1901 - Pompaples, 08/03/1998) conobbe Marinetti all'Esposition international d'art moderne (Ginevra, 26/12/1920 - 25/01/1921). Il giovane architetto svizzero mostrò a Marinetti alcuni suoi disegni, tra cui il progetto di una Cappella-bar
    Nel 1927 rielaborò questo progetto, ipotizzandone la realizzazione nel parco di un collegio religioso di Chiavari. I disegni furono esposti alla prima Mostra d'architettura futurista (Torino, ottobre,1928). Nel 1972 - in occasione della mostra alla Galleria Martano di Torino - Sartoris eseguì una serigrafia policroma da una prospettiva a guazzo intitolata Cappella-bar.

    Camillo Nardi Greco (Napoli, 08/05/1887 - Genova, 16/09/1968) ebbe l'incarico dalla Federazione Nazionale dei Fasci di Combattimento di Genova di progettare la Colonia Marina di Chiavari. Inaugurata il 26 ottobre 1936, fu intitolata al generale Gustavo Fara .

   La costruzione - in pianta a forma di "ala d'aeroplano" - comprende nella parte centrale una torre alta 49,3 metri, caratterizzata all'esterno da finestre a nastro. Sopra la base costituita dal seminterrato e da due piani bassi, otto piani alti [3]. Ai lati dell'ingresso due decorazioni murali in stile futurista di Demetrio Ghiringhelli .


La ex-colonia Fara ora riqualificata in "Torre Fara" a Chiavari, 1934-36.
   
    Luigi Vietti (Cannobio Vb. 13/02/1903 - Milano, 28/03/1998) fu uno dei giovani architetti che parteciparono all'architettura futurista. Negli anni Trenta ebbe l'incarico di progettare alcune Case del Fascio, tra cui quella di Rapallo (1938 - 1941).
   
    Ubicato all'inizio della salita verso S. Margherita Ligure, l'edificio è composto da due corpi di fabbrica distinti, ma uniti tra loro da una base leggermente rientrante. L'interno è stato  completamente ristrutturato.

   Di Luigi Vietti la costruzione del Caffè Portaneri (1935 - 1939) a Chiavari. Situata di fronte alla stazione ferroviaria, è stata più volte rimaneggiata all'esterno e rifatta all'interno. Conserva la struttura portante del nucleo originale.

L'ex Caffè Portaneri, ora Bar S.Marco a Chiavari, 1935-39. (Foto di E. Panzacchi)

     Nel 1933 Enrico Del Debbio (Carrara, 26/05/1891 - Roma, 12/07/1973) eseguì il progetto della Cappella Fracchia a Bargone (Casarza Ligure).

    Questa cappella cimiteriale - la cui data di costruzione non è certa, presumibilmente nel 1932/1933 - avrebbe dovuto accogliere le spoglie dello scrittore lucchese Umberto Fracchia (1889 - 1930). Essa ha un volume di m. 4x5,4x6 di altezza. Poggiata su un piedistallo in marmo, è caratterizzata dal rivestimento in lastre di lamiera di alluminio. In prospetto la porta monumentale alta m. 4 sormontata dalla scritta in caratteri futuristi "FRACCHIA". All'interno un altare, una croce e una stele con scritta in verticale "UMBERTO". 

   Fra le opere di rilievo architettonico, realizzate nel Tigullio in questo periodo, va ricordata anche la  ex-Colonia Burgo IX maggio a Moneglia (1936-1938).



Note:
                                                                                    

[1] Il 22 novembre del 1931 Filippo Tommaso Marinetti - su incarico del governo fascista e della Reale Accademia d'Italia - inaugurò a Chiavari il Palazzo delle Esposizioni del Litorale Tirreno di Levante, e la ''Mostra d'arte futurista''. 

[2] cfr. Paolo Sanzin, Architettura futurista nel Tigullio, in Franco Ragazzi (a cura ), Marinetti Futurismo in Liguria, De Ferrari, Genova, 2006, p. 162 - 171; cfr. anche il mio post, L'Affaire ex-Colonia Fara di Chiavari, 31/08/2013.

[3] Recentemente (2017) l'immobile è stato oggetto di restiylng Alla nuova destinazione è stata attribuita la denominazione di "Torre Fara"


domenica 20 maggio 2018

I dipinti di Antonio Orazio Quinzio in S.Bartolomeo di Ginestra a Sestri Levante


    Nel contesto pittorico interno della chiesa di S. Bartolomeo di Ginestra in Sestri Levante, i dipinti eseguiti nel 1918-1920 da Antonio Orazio Quinzio (figlio primogenito di Giovanni Quinzio), rappresentano un'innovazione tematica e stilistica rilevante, in relazione al progetto artistico presentato nel 1914 da Giovanni Stura [1].


Interno della chiesa di S.Bartolomeo di Ginestra, Sestri Levante, (Foto di E. Panzacchi)

   La prima parte del progetto fu realizzata nel presbiterio e nell'abside. Essa mise in luce un complesso di scelte tematiche e compositive di tipo accademico, connotate da un'impostazione statuaria e manieristica. Nonostante la maestria dei pittori Bracco-Corio, i dipinti furono criticati, per l'eccesso di figure (profeti, angeli, papi) convenzionali [2]. 

Bracco-Corio, Figura di Papa, frontone sinistro del presbiterio, 1916.
(Foto di E. Panzacchi)

    La discussione sulla scelta dei soggetti e la richiesta di modifiche al progetto, compromisero i rapporti con Giovanni Stura. I lavori di pittura furono sospesi da luglio 1916 a luglio 1918. Nel frattempo (1917) fu definito e messo a concorso il tema da affrontare per la cupola: "Glorificazione di Nostra Signora sotto il titolo del Soccorso e apoteosi di S. Bartolomeo"  [3].
   Nel 1918 - anno di svolta e di ripresa dei lavori - fu interpellato Antonio Orazio Quinzio (Genova, 04/03/1856-Genova-Pegli, 10/06/1928), cui si affidò l'incarico di dipingere i peducci della cupola [4].

   Il pittore genovese cambiò l'impostazione dello Stura. Al posto di figure allegoriche, dipinse i quattro Evangelisti (Matteo, Marco, Luca e Giovanni), in primo piano e in alcuni punti sopra le linee dell'ornato, accanto ai loro corrispondenti simboli (Angelo, Leone, Bue, Aquila) sullo sfondo [5].

  Terminati questi dipinti, egli ebbe subito l'incarico per i lavori di pittura della cupola, ma fu costretto a rinviare l'inizio dell'opera all'anno seguente (1919), a causa dell'epidemia spagnola [6].

A.O. Quinzio, Incoronazione di Nostra Signora del Soccorso,
Chiesa di S.Bartolomeo di Ginestra, presbiterio, affresco, 1918.
(Foto di E. Panzacchi)

   
Antonio Orazio Quinzio profittò dell'interruzione per eseguire nel presbiterio, "in cornu Evangelii", un dipinto a soggetto storico, raffigurante il rito dell'"Incoronazione di Nostra Signora del Soccorso", avvenuto il 15 settembre 1771 [7]. 


Cupola della chiesa di S. Bartolomeo di Ginestra, 1919-1920, affresco, Sestri Levante,
(Foto di E. Panzacchi)
    Nell'estate del 1919 Antonio Orazio Quinzio iniziò a dipingere la cupola. Ispirandosi alla "scuola genovese" dell'affresco - rappresentata principalmente nel XIX secolo da Francesco Gandolfi, Nicolò Barabino e Francesco Semino - si affidò ad un’illusionismo libero da partiture geometriche. Egli compose il dipinto intorno a vortici di figure in volo, ottenendo  un effetto di largo respiro, di leggerezza, e di continuità con lo spazio concreto della chiesa sottostante [8]. 


Note:
                                                                              

[1] Su progetto di Giambattista Prato (1838), la chiesa fu ricostruita tra il 1838 e il 1855, su quella preesistente. Oltre alla decorazione pittorica del progetto artistico di Giovanni Stura (realizzato nel 1915-1916) e ai dipinti di Antonio Orazio Quinzio (eseguiti nel 1918-1920), l'interno della chiesa presenta diverse opere di Giulio Corio (eseguite tra il 1920 e il 1961), un dipinto di Luigi Morgari (1920) e di Giorgio Matteo Aicardi (1947)cfr. S. BARTOLOMEO DI GINESTRA, (a cura del Cons. Amm. Parr.), 1988, pp., 239-271; 276-28. 

[2] Titolare di un'impresa insediata a Torino, Giovanni Stura fu pittore e direttore dei lavori in diverse chiese. Del suo progetto di decorazione generale, fu approvata la parte riguardante la campata, compresa tra l'arco e la cupola, il presbiterio e il coro. I lavori furono eseguiti nel 1915-1916 dai decoratori Gaffino e Lanfranco e dai pittori Bracco e Corio. cfr. A.A. V.V., ibid., pp., 243-246.
Sul frontone del presbiterio, Giulio Corio propose di dipingere le figure dei due Papi con colori diversi, anziché con la stessa tinta dell'ornato cfr. A.A. V.V., ibid., p 248.

Per rendere meno convenzionali queste figure, si prese a modello il volto di persone del luogo, come testimoniano alcuni discendenti diretti (pronipoti abiatici) di  Domenico Valentino, per la figura di papa sul frontone sinistro ( Prof.ssa Paola Maria Valentino, Sig.ra Mariapaola Brignardello e Sig. Luigino Costigliolo).


Domenico Valentino, Villanova
d'Asti, 29/03/1848 - Sestri Lev.
22/02/1921. (Cimitero di S. Bar-
tolomeo della Ginestra).

[3] La devozione alla Madonna del Soccorso fu introdotta dai Gesuiti nel 1715. Nel corso della missione sul territorio di Sestri Levante essi consegnarono uno stendardo della Vergine, la cui immagine è ricavata da un prototipo del pittore Giovanni Battista Salvi (Roma, 1609-1685), detto il "Sassoferrato". 
cfr. A.A. V.V., ibid., p 94, n.2;
cfr. anche Giovanni Meriana, Santuari in Liguria, Le province di La Spezia e Genova, Genova, Ed. Sagep, 1987, p. 81-82.

[4] Su indicazione del pittore Giovanni Bevilaqua, la committenza - costituita dal Parroco (Giovanni Battista Cafferata) coadiuvato dalla Fabbriceria e da un Comitato -  prese contatti con Antonio Orazio Quinzio, cfr. A.A. V.V., ibid., p. 253.

[5] Lo Stura aveva predisposto la preparazione di alcuni bozzetti: i quattro Evangelisti da dipingere sulle pareti delle cappelle laterali maggiori; "La gloria di S. Bartolomeo" per la cupola e quattro figure allegoriche (Fede, Speranza, Carità e Religione) per i peducci. cfr. A.A. V.V., ibid., p. 248, p.253, n. 5.

[6] L'epidemia colpì gravemente anche la famiglia Quinzio. Nella fine del 1918 Antonio Orazio Quinzio perse il padre Giovanni di anni 86, i  fratelli più giovani Tullio Salvatore di anni 60 e Antonino Pietro (Peter), di anni 51.

[7] Il dipinto fu commissionato dal sacerdote Gian Battista Toso, parroco di Moneglia. cfr. A.A. V.V., ibid., p. 255.

[8] La cupola ha una pianta ellittica (perimetro m. 32). cfr. A.A. V.V., ibid., p. 254.







martedì 10 aprile 2018

Edoardo Mazzino. La conservazione dei monumenti e la difesa del paesaggio in Liguria.



    Dopo l’inaugurazione a Palazzo Ducale di Genova nel 2017 – in occasione del centenario della nascita di Edoardo Mazzino - è stata riproposta a Chiavari a Palazzo Rocca (a trent'anni dalla sua scomparsa) la mostra “Edoardo Mazzino. La conservazione dei monumenti e la difesa del paesaggio in Liguria” [1] L’esposizione (aperta al pubblico dal 22 marzo al 3 giugno) è stata curata dalle figlie Francesca, Emilia e Lorenza Mazzino, in collaborazione con il Ministero dei Beni Culturali e delle Attività Culturali e del Turismo; e patrocinata dall’Ordine degli Architetti di Genova.

   L’allestimento della mostra è costituito da venti pannelli che - attraverso lettere, schede di analisi, schizzi e annotazioni grafiche, tratte dall'archivio di famiglia - descrivono, l’attività professionale
 di Edoardo Mazzino, architetto [2].

    Edoardo Mazzino (Chiavari,15/04/1917–Genova, 09/06/1988) si laureò presso la facoltà di architettura di Roma. Fu allievo del prof. Gustavo Giovannoni. Prestò il servizio militare in Croazia, nel periodo bellico. Dopo l'8 settembre 1943 rientrò in Italia e partecipò alla Resistenza in Val d'Aveto (Liguria). Nel 1946 ottenne un incarico temporaneo alla Soprintendenza ai Monumenti della Liguria. Nel 1950 entrò in ruolo come architetto aggiunto e, dal 1964 al 1973, fu Soprintendente. Nel 1973 fu nominato Soprintendente per i Beni Ambientali e Architettonici di Venezia [3]. Svolse attività di docenza nel corso di "Complementi di Architettura e Urbanistica" (1965-1966) presso la Facoltà di Ingegneria di Genova; e di Museologia e Museografia nel corso di Perfezionamento in Storia dell'Arte Medievale e Moderna, presso la Facoltà di Lettere di Genova (1973-1986).

    Edoardo Mazzino collaborò alla stesura di piani regolatori generali  e di piani territoriali paesistici per diversi comuni liguri.  Nel Tigullio essi sono: il P.R.G. del comune di Moneglia (1946), di Sestri Levante (1947) e il  Piano territoriale paesistico del Promontorio di Portofino (1954). Inoltre fu membro della Commissione Consultiva per lo Studio del P.R.G. del comune di Chiavari (1950-1951) e della Commissione dell'Ente Autonomo di Portofino (1949). 


E. Mazzino, disegno a china su carta, (Foto di E. Panzacchi)


  Nel corso della sua carriera diresse i lavori di restauro di importanti complessi monumentali liguri, di cui alcuni sono ubicati nel Tigullio. Essi sono: la chiesa e il chiostro di S. Giorgio a Moneglia (1946-1950); il santuario di Nostra Signora delle Grazie a Chiavari (1947-1961)i ruderi del monastero di Valle Christi a Rapallo (1949-1956); l'abbazia di S. Andrea Apostolo a Borzonasca (1950-1958); la chiesa di S. Nicolò dell'Isola a Sestri Levante (1951-1962); la pieve di S. Ambrogio a Uscio (1954-1966); l'abbazia di S. Fruttuoso di Capodimonte a Camogli (1958); la facciata del Palazzo dei Portici neri a Chiavari (1959); e la basilica di S.Salvatore dei Fieschi a Cogorno (1968-1970) [4].  

E. Mazzino, Prospetto del palazzo dei Portici Neri, disegno a china e matita su lucido,  

   Poco distante dalla sede della mostra a Palazzo Rocca di Chiavari, in via Ravaschieri, è ubicato il Palazzo dei Portici Neri o dei  Portici Alti [5]. 

  L'edificio - costruito nel XIII secolo, - venne modificato nei secoli successivi. Fu di proprietà della famiglia Fieschi-Ravaschieri fino al XVII secolo; passò alla famiglia Vaccà fino al XIX secolo.


Facciata del Palazzo dei Portici neri, Via Ravaschieri, Chiavari.

 (Foto di E. Panzacchi)

 
Edoardo Mazzino diresse i lavori di restauro nel 1959.

   Rimuovendo gli strati d'intonaco, di cui era stata ricoperta la facciata, il palazzo fu restituito all'aspetto originario, caratterizzato dal bugnato rustico in ardesia del portico; dagli archetti pensili, che lo separano dal piano superiore; dalla bicromia dei conci in pietra e marmo nel paramento del piano nobile, ripresa negli archi sopra le trifore del secondo piano. 
    
    I segni del passaggio e delle trasformazioni dell'opera nel passato (piano sopraelevato, nuove finestre rettangolari, livello dei piani e intonaco recante lo stemma Vaccà, realizzati tra il XVI e il XIX secolo - sono decodificabili [6].
   

Note:
                                                                                     


[1] cfr. Bettina Bush, L'architetto geniale che capì in anticipo i rischi del paesaggio, in "La Repubblica", Genova, 10/05/2017.

[2] v. www.youtube.com/watch?v=eXgcgywPvc4

[3] Il motivo del trasferimento fu la sua opposizione alla realizzazione dell'impianto di gassificazione di Panigaglia nel Golfo di La Spezia (Francesca e Lorenza Mazzino).

[4] Le date fra parentesi si riferiscono rispettivamente a inizio e fine attività di restauro.


[5] cfr. F. Ragazzi, Chiavari, Genova, Sagep Ed., 1984, p.12-14.

[6] cfr. E. Mazzino, Il palazzo dei “portici alti” e il suo recente restauro, in “Bollettino Ligustico per la Storia e la Cultura Regionale”, XII-1/2, 1960, pp. 3-20
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