lunedì 22 luglio 2019

Restaurata l'arca della SS. Trinità nell'oratorio di Lavagna.

   

  Prima del XVIII secolo, nell'oratorio della SS. Trinità di Lavagna (Ge.), c'era un'arca processionale e una scultura lignea più piccola  - attualmente collocata nella nicchia dietro l'altare maggiore - dedicata al tema religioso della SS. Trinità. 

Bottega di A. M. Maragliano, SS. Trinità, 1733, legno scolpito e dipinto,
 h. max cm. 285, Lavagna, (Genova), Oratorio SS. Trinità.
(Foto di E. Panzacchi) 


   L'arca processionale appena restaurata fu commissionata al Maragliano dalla Confraternita nel 1733 e il complesso della SS. Trinità fu eseguito dalla sua bottega. Esso sarà ricollocato nella nicchia della parete destra [1]. 

     L'oggetto è costituito da sette elementi figurativi lignei policromi. Alcune parti sono dorate a guazzo con decorazioni a graffito. Progettato e realizzato appositamente per formare una cassa processionale [2].  

    La composizione piramidale - altezza massima 285 cm. - è formata alla base da una nube entro cui volteggiano degli angeli intorno al globo celeste. Sopra sono assisi il Padre e il Figlio; al vertice della piramide è apposto lo Spirito Santo, raffigurato da una  colomba avvolta da una raggiera dorata. 

    In entrambe le sculture, il problema iconografico del dogma trinitario fu risolto in un compromesso: tre figure antropomorfiche distinte, ma allo stesso tempo metaforiche, che singolarmente rimandano alla Sacra Scrittura[3]. Verosimilmente le prime due figure evocano la visione profetica di Daniele dell'Antico dei Giorni (Dio) e del Figlio d'Uomo (Cristo), cui si sovrappone la Colomba (Spirito Santo).
 Forti analogie sono state riscontrate (Di Girolamo, 2022) con la macchina sacra della SS. Trinitàascrivibile alla bottega di Giacomo Colombo (Este 1663 - Napoli 1730), conservata nella chiesa omonima di Popoli (Pe.) [4].  

    Sono stati ampiamente documentati, lo stato di conservazione dell'opera (prima), gli interventi (durante) e i risultati (dopo) il restauro [5]. 




Note:
                                                         

[1] cfr. Daniele Sanguineti, Anton Maria Maragliano, Sagep, 1998, p. 191, (doc.n. 63). Il 15 maggio 1733 il “sig. Antonio Maragliano” ricevette dai confratelli di Lavagna 1150 lire ”per la cassa”.
[2] In origine l'arca pesava 7 quintali. Successivamente fu alleggerita. Quest'anno - come fino al 1963 - è stata portata "a braccia", in processione.
[3] cfr. A.T., Daniele, 7, 9 - 14 ; N.T. Matteo, 3, 16 - 17; Marco, 1, 10 - 11; Luca, 3, 22; Giovanni, 1, 32 - 33.
Questo tema si presta ad una serie d’interpretazioni che derivano dai vari culti religiosi professati. La specie umana s’è posta, dagli albori della sua storia, le domande “chi siamo”, “da dove veniamo”, “dove andiamo”. Per questo motivo è necessario ordinare le idee, non solo su alcune questioni di carattere filosofico, ma anche sul fatto religioso. In ogni caso si deve considerare acquisito, che nel corso della storia di tutti i popoli, sono stati rinvenuti e si continuano a scoprire degli oggetti che rappresentano plasticamente e pittoricamente le divinità. Occorre dunque procedere con metodo nell’individuazione delle caratteristiche di tali oggetti.
Per evitare confusione è necessario chiarire innanzitutto di che cosa s’intende trattare: del volto degli dèi o di Dio in sé secondo la ricerca filosofica e la scienza teologica; del volto di Dio in base alla Rivelazione cristiana, oppure delle relative rappresentazioni plastiche che nel corso delle varie epoche storiche e nella preistoria, sono state prodotte. 
Per quanto riguarda le immagini sacre -  nell’ambito della cristianità latina ed orientale - deve essere acquisito pure lo stesso valore tra esse e la Sacra Scrittura. Il Dio invisibile s’è reso visibile, attraverso l’Incarnazione in Cristo, tanto che può essere rappresentato umanamente ed adorato anche nelle immagini. Per approfondimenti  cfr. A. Besancon, L'image interdite, Gallimard, 1994, pp. 698.
[4]cfr. Rosaria Di Girolamo, La teatralità dello spazio barocco. La Pentecoste di Bugnara (Aq) un inedito di Giacomo Colombo, 2022. 
[5] Il progetto d'intervento è stato curato dallo studio  Martino Oberto Studio Opere d'Arte dal 1950 di C. Campomenosi & M. Levoni.